martedì 4 dicembre 2012

Marina Abramovic - The artist is present

Quando un gesto, un movimento, una performance visiva diventa arte?
Marina Abramovic provoca continue domande da 40 anni su questa semplice ma insidiosa domanda.
In questo documentario senza nessuna pretesa cinematografica la potenza visiva e carismatica dell'artista risalta con forza dirompente.
Dopo una prima parte introduttiva sulla carriera condivisa con il compagno Ulay, la sofferente divisione e le performance solitarie si arriva alla prospettiva che nel 2010 il Moma di New York le omaggia; in questo ambito nasce l'idea di supera se stessa regalandosi agli spettatori incuriositi.
Dopo un training impegnativo, l'Abramovic all'età di 64 anni, per tre mesi di fila sei giorni su sette, si siede in uno spazio spoglio del museo accogliendo chiunque nella sedia davanti alla sua.
Le regole dicono nessun tipo di contatto tranne quello visivo.
Ne nasce un esperimento incredibilmente interessante che coinvolge il pubblico e sfianca la protagonista; si calcola che siano passati ben 750000 visi differenti davanti agli occhi carismatici dell'artista.
Uno specchio umano che replica sorrisi, gioia o lacrime a seconda dell'empatia che si crea nell'attimo infinitamente lungo di uno sguardo.
Un'esperienza intensa, unica, impressionante; impossibile rimanere indifferenti negli incontri speciali rappresentati da anonime facce apparentemente normali che prendono vita grazie al confronto con un'espressività debordante.
Marina Abramovic come si suol dire buca lo schermo e facendolo con dannato impegno e perseveranza diabolica conquista anche uno scettico come il sottoscritto.
Da vedere per osservare e riflettere il "qui e ora" d'impronta zen che permea l'idea alla base, lontano dal chiasso che snatura la ricchezza della comunicazione attuale.
Ma la domanda iniziale resta sospesa...è arte?

5 commenti:

  1. Prima di stabilire se qualcosa sia o meno un opera d'arte sarebbe bene stabilirne , indipendentemente da questo , l'eventuale insulsa bambinaggine.
    Direi che in questo caso si oscilli fra la vanità presuntuosa dell'ennesima artista russa egocentrica e la beota ignoranza culturale del pubblico mewyorkese, celebre per bersi qualunque stupidaggine purché gli venga propinata come trendy. Sono queste le situazioni che strappano dal mio cuore il grido : "Oh Hans Christian Andersen , dove sei ora che più che mai avremmo bisogno di te?" :-)

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  2. Sicuramente Piero io non sarei tra quelli che mi sparerei ore di fila per pochi minuti di fronte all'artista citata(a onor del vero serba...)ma filmicamente il montaggio della performance nel documentario è straniamente ipnotico...
    ti sfido ad una performance simile al chiostro San Sebastiano di fronte alla crema intellettuale biellese!

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    1. ma bravo LOrenz, l'amico Piero non male!

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  3. Al chiostro sarebbe un risolino generale della crema locale...(..ommisgnur...a lè fola sta fumna?...)
    Invece la stessa performance trasferita chez Pistolettò (da leggersi alla francese!), verrebbe presa molto più seriamente, anche qui senza un attimo di dubbio o di critica. Come ho osservato , la gente mediamente si beve di tutto.Sia l'ultima borsetta di Vuitton che il cronometro di Cartier, sia i triti discorsi politici o le fole finanziarie, sia l'ultimo best seller del cocco di turno della TV nazionale, le partite di calcio trasformate in viscerali isterici conflitti, i fasulli cibi biologici , i cellulari trendy, i biscotti gabellati pubblicitariamente come impastati e cotti in improbabili antichi mulini bianchi.... e così via. Perché non bersi allo stesso modo questa performance? Perché non continuare ad immaginarsi abiti sgargianti a ricoprire il Re nudo? Perché? Per una semplice , utilitaristica ragione: Se io fingo di credere ad abiti meravigliosi che non esistono sugli altri , gli altri , a loro volta fingeranno di credere di vederli su di me. Anziché vederci l'un l'altro nudi. Un tipico do ut des. Io fingo di vedere qualità in te , e tu fingi di vedere qualità in me. Tu fingi che la mia performance sia arte e io fingo a mia volta che tu , allocco imbesuito che mi siedi di fronte , sia invece un colto fruitore d'arte. Tu accetti la finzione dell'intensità del mio sguardo- performance e io accetto le tue esibizionistiche reazioni emozionali al mio sguardo. Tutto questo altro non mi pare che un tacito accordo-contratto fra due corrotti. La corruzione è esattamente questo. Tu sai che io imbroglio , ma stai zitto perché anch'io so che tu imbrogli, ma sto zitto a mia volta. La struttura dell'omertà. Dal momento che questa struttura regna sovrana in ogni epoca e cultura, perché non dovrebbe manifestarsi anche nel mondo dell'arte?
    Ora , sia ben chiaro , ho visto performance veramente straordinarie , sincere e profonde. Non sono affatto contro la "forma" della performance. Ma anche in questa manifestazione dell'essere umano deve esserci qualità. E qui , come ho detto , non la colgo. Vedo un tradizionale giochino fra adolescenti trasportato nelle alte , vertiginose , rarefatte vette delle performances, ma quello che è resta immutato :un giochino infantile. Il resto , il plus valore aggiunto , imbarazzante onanismo intellettuale.
    Cosa non si farebbe per i celebri AndyWarholiani Fifteen minutes of fame...

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