venerdì 6 ottobre 2017

BLADE RUNNER 2049

"Morire per una giusta causa è la cosa più umana che possiamo fare".

Ridley Scott vuole rifare Blade Runner. Perchè? Lasciate stare i cult, i capolavori entrati nel Mito. Si defila dalla regia e rimane come produttore. Bene. Ma si fa lo stesso il film, con la facile supposizione che sarà un disastro come la quasi totalità dei remake, sequel che inondano senza rispetto i nostri schermi. Denis Villeneuve alla regia! Molto bene. Il regista canadese è garanzia di professionalità e di straordinaria capacità visiva. Harrison Ford richiamato in servizio. Benino. Gosling nuovo Deckard. Non bene. Gli sceneggiatori gli stessi del 1982. Molto molto bene. La lunghezza del film è 163 minuti. Male. I cortometraggi sono interessanti, l'anime splendido. Ottimo. La critica americana grida in parte al capolavoro. Ma... Vogliamo parlare di Wonder Woman? No. Bene.
Queste più o meno le sensazioni provate nel corso della diffusione delle notizie riguardanti questo coraggioso progetto. Sono passato dal rifiuto di poter assistere al sequel di uno dei film più significativi della mia vita di spettatore alla curiosità di vederlo con aspettative modeste. Quindi? Non potevo chiedere di meglio. Splendida opera che accarezza, espande, abbraccia con potente geometria visiva un mondo che invecchiando si è trasformato lasciando invariato il puzzo di un futuro possibile, indesiderato, complesso. Il regista e il suo team, in primis il direttore della fotografia, ci regalano un viaggio incredibile che sinceramente non si può che apprezzare in ogni singola inquadratura. Meglio non ci si poteva aspettare, meglio non si poteva fare. Personalmente per essere "perfetto" una sforbiciata nel mood per rimanere nelle due ore avrebbe dato un carico meno pesante, agevolando la materia. Ma di fronte a tanta generosità questa critica passa in secondo piano.
Sotto la chirurgica confezione c'è però anche tan
ta ciccia; una storia che intriga, conquista e pone riflessioni. Replicare il Mito? Lo hanno fatto con forza e passione. Questo oltre a ridarmi in parte la speranza( altro che quella di Star Wars...) mi ricorda quanto a volte arrogante sia il mio approccio, dimenticandomi che soprattutto nel cinema l'equilibrio passa da mestieri diversi che sotto l'egidia del regista trovano o meno una finalizzazione. Un lavoro in alcuni casi titanico ma sempre affascinante e portante nel mezzo di espressione finale. Villeneuve dopo gli ottimi esordi in Canada ( "La donna che canta" il mio preferito) ed i lavori interessanti hollywoodiani come "Sicario" e "The arrival" giunge qui al suo personale capolavoro visivo; godimento estatico per spettatori ammutoliti. La sceneggiatura di ferro plasma, gli attori performano al servizio della regia, la musica scandisce temi nuovi con echi ancestrali. Tutto gira a meraviglia. I replicanti cercano scintille di umanità e gli umani ambiscono al controllo totale. Intorno megalopoli degradate o deserti dell'anima. Rachel ha gli occhi verdi; Deckard ha la testa dura.
Da rivedere ed assaporare in ogni singolo dettaglio. La potenza del cinema; la magia della Visione.
Tanta Roba.

venerdì 1 settembre 2017

DUNKIRK

Capolavoro. Impressionante. Il film più bello degli ultimi anni.
Questi alcuni dei tanti commenti della critica  estera, visto che qui in Italia siamo tra gli ultimi a beneficiare dell' ultima fatica di Nolan. Qalcheduno, non molti in verità, attendono una mia opinione a riguardo che faticosamente vado innanzi a srotolare.
Ma la premessa deve essere netta e granitica: DUNKIRK deve necessariamente, assolutamente essere visto nella sua sede naturale, lo schermo cinematografico. Deve essere visto se possibile secondo le indicazioni del regista; per cui se siete a zonzo non fatevi scrupolo di chiedere al cinema ove prioettato delucidazioni sul formato scelto. Per questo importante cavillo tecnico vi rimando a controllare sul web cosa comporta la giusta visione dell'opera dato che nel nostro Belpaese non vi è una, dico una, sala attrezzata a riprodurlo in pellicola 70mm flat Imax come il regista inglese lo ha concepito. Ma lo stesso Nolan ha rilasciato disposizione agli esercenti per conformare grazie ad un intervento tecnico la proiezione per non perdere il formato originale. E' questa una premessa fondamentale per condividere una lotta di cultura che spesso come in altri ambiti porta la globalizzazione a screditare le forme d'arte in generale.
Andate a vedere il film, fatevene un'opinione personale e parlatene.
Nolan come gli appassionati di cinema ben sanno è uno straordinario artista capace di giocare con il tempo e lo spazio regalando squarci di grande cinema in opere geometriche dettagliate e compiute. Personalmente ho applaudito alla poliedrica follia di MEMENTO, alla geniale acrobazia di INCEPTION, rimanendo affascinato forse dal sottovalutato THE PRESTIGE, ad ora il mio preferito. In mezzo la notevole trilogia sul cavaliere oscuro.
Poi la grande delusione di INTERSTELLAR. Ora una pellicola che cambia nuovamente genere per riproporre con forza gli stilemi dell'artista in modo chiaramente più adeguati al tema. Finita la proiezione non si può essere frastornati, annichiliti, annebbiati dalla maestria tecnica sia di montaggio che di ripresa che dal ritmo che dal primo istante scaraventa lo spettatore inerme sul luogo della battaglia. Una ricostruzione maniacale nei dettagli resa ancora più vivida, "classica" dai colori saturi derivanti dalle riprese effettuate in pellicola.
Una gioia per gli occhi. E per le orecchie che grazie ad un lavoro eccezionale in presa diretta scandiscono esplosioni, munizioni, silenzio in alternata e sapiente armonia. Certo che il doppiaggio in parte attenuerà questa forza e non solo perchè al di là degli attori in gioco le voci italiane per quanto considerate le migliori al mondo risultano sempre falsare il pathos dei personaggi con timbri monotono. Ricordiamoci che questo lavoro gigantesco è stato fatto con telecamere in pellicola Imax ingombranti, quindi poco maneggevoli. Sarà sicuramente un film nel film stesso visionare i making off della lavorazione quando l'edizione casalinga sarà in commercio. Opera intensa, titanica e folle in un cinema digitale come quello odierno che rende Nolan un solitario maestro di un fare cinema che non ha più luogo. Non un film totale perchè risente del carisma del suo fautore, del suo modus operandi, dalla sua difficoltà a livello narrativo di sposare felicemente la tecnica al cuore, all'emozione. Ritengo a ragione che il suo cinema sia un meccanismo ad orologeria dove tutto ha un suo posto misurato tranne gli attori, i personaggi, gli uomini. Per quanto si sforzino di fronte allo Spazio o alla Guerra logicamente di sopravvivere oltre ad essere sacrificabili risultano bidimensionali, senza particolari sfumature. In questo Spielberg rimane inarrivabile per la sua capacità di fare cinema che conquisti le masse, tecnicamente ineccepibile ed emotivamente coinvolgente; a tratti forse eccessivamente nella sua generosità. Come in Interstellar gli attori sembravano imbolsiti, estranei , qui sembrano intercambiabili; con un quesito risibile ma interessante sul membro dei One Direction... Per quale dinamiche era necessario in questo film? Imposizione della produzione? Nolan stesso? Non che sfiguri sia beninteso ma pura curiosità.
Poco apprezzato anche lo sfasamento temporale, superfluo e narrativamente poco efficace.
Non perdo tempo sulle singole scene ma basandosi su fatti realmente avvenuti la scelta della pellicola limita le comparse per questioni economiche ed il risultato a tratti è risibile. Su tutte l'arrivo dei rinforzi civili.
Lo rivedrò per godere appieno i punti di forza di una pellicola fuori dal tempo. Lo consiglio a tutti perchè sono questi i film a prescindere che dovrebbero affollare le sale piuttosto che i vari Zalone e c.
E tolto lo spettacolo mozzafiato e l'ardore e la capacità del regista il dibbatito è aperto. Nel frattempo mi riguarderò con piacere IL GRANDE UNO ROSSO di Fuller per l'approccio rude e disincantato, SALVATE IL SOLDATO RYAN per la capacità di stordire ed emozionare e LA SOTTILE LINEA ROSSA per la trasparente e complessa filosofia umanista della guerra.
Nolan ti apprezzo, ti stimo ma non riesco ad adorarti. Non vi è empatia tra noi.
Ma ti difendo in ogni caso perdonando la tua fottuta presunzione.

P.S. Qui sopra linko la magnifica lirica dei Metallica. Ai più dirà poco o nulla; a       molti infastidirà il ritmo e la pesante percussione. Ma in sè è un piccolo      capolavoro del concetto di guerra.


giovedì 13 luglio 2017

THE WAR - IL PIANETA DELLE SCIMMIE

Ape-calypse now.
Il graffito appare due volte nei sotterranei della fortezza mentre un manipolo di primati cerca di architettare un piano di fuga. La grande fuga.
Cesare ha trovato il suo personale colonello Kurtz. Una vendetta che sa di umano ma si dipana come la più classica disputa tra scimmioni impulsivi.
In continuità agli episodi precedenti Matt Reeves conclude la trilogia del reboot dedicato al ciclo degli anni 60 con il botto. Non vogliamo minimamente pensare che in mezzo ci sia stato il deludente se non penoso remake a firma dell'amato fu Tim Burton; peccato di gioventù o inizio della metà oscura di una carriera fin lì promettente se non entusiasmante.
Con poche sbavature ed un equilibrio quasi sempre sentito qui si respira l'aria del Classico. Incipit folgorante che per la prima mezz'ora  presenta i fatti con poche parole e tanta azione; quasi un western. Poi la pellicola vira in war movie con rimandi alle nefaste torture tipiche di belligeranti poco inclini alla diplomazia. Ma con una efficace e sottile narrazione avviene il miracolo di presentare una storia semplice ma con sfaccettature rilevanti se non proprio fondanti. Un cattivo vero ma realistico interpretato al solito da un più che convincente Woody Harrelson; un racconto mai banale ma diretto, senza filtri nè orpelli; un finale catartico, inaspettato, forse desiderato che celebra la speranza e la volontà di rinascere.
Per certi versi personaggi bidimensionali ma specchi del desiderio odierno di massificazione e ritorno al fascismo delle barriere, dei muri, del diverso fino a sacrificare i propri simili. Il fantasma di Koba torna per sancire l'idea di un unione che tormenta il branco di fronte alla cecità degli umani divisi.
Molte storie s'intrecciano sapientemente gettando in un film di genere più di una riflessione su un possibile futuro capace di porre dilemmi morali e domande profonde. Un' azione produce sempre una reazione che forma una spirale di azioni che a loro volta possono soffocare e perdersi in un rivolo o divenire nell'immediato o nel tempo torrente pieno o fiume lento.
In questa basica giostra di emozioni animali quindi umane con linguaggi differenti, verbali, vocali o gestuali la tecnica regna sovrana ancor più che nei due episodi precedenti. Andy Serkis riprende ancora una volta la sua creatura e con uno straordinario motion capture porta alla perfezione un' espressione strabiliante che rende Cesare e le creature sue compagne un tripudio per gli occhi e per il cuore degli spettatori estasiati.
Un'opera letteralmente cinematografica.
Ci sono sempre meno blockbuster capaci di stordire ma nello stesso intrattenere, far riflettere. Un peccato votato al dio marketing che brucia sull'altare della qualità molti possibili progetti che possono arricchire la platea.
Si possono fare molte analisi su questo film in particolare ed ancor più sull'intera trilogia ma sarebbe un peccato rinunciare a godere dell'immaginario cupo, ricercato, dettagliato che ci ha regalato con tanta generosità e convinzione.
Un cinema per il grande pubblico come una volta si faceva; avercene.
Tra i nuovi e vecchi personaggi portiamo nel cuore la parte dolce dell'umanità impersonata dalla bimba adottata e la buffa scimmietta con il piumino che a sua volta rappresenta la curiosa bontà della parte più idealistica degli animali.
Ma ci tocca fare i conti con il nostro personale cuore di tenebra; sinceramente la guerra sembra fuori ma in realtà ci precede, ci sorprende, ci surclassa perchè procede continuamente dentro di noi.
La Natura ci domina prima silenziosamente poi assordante come ultimo giudizio.

"La conquista della terra, che in generale vuol dire portarla via a chi ha una pelle diversa dalla nostra, o un naso un pò più schiacciato, a pensarci bene non è proprio una bella cosa. Ciò che la riscatta è soltanto un'idea.
Un'idea che la sostenga".

Joseph Conrad ( Cuore di tenebra)

venerdì 12 maggio 2017

ALIEN COVENANT

All'annuncio di Sir Ridley Scott anni orsono di rimettere mano alla sua saga più famosa noi fan eravamo estasiati; poi vedemmo PROMETHEUS e delusione e rabbia presero il soppravvento. Erano talmente alte le aspettative che era così semplice schiantarsi o risvegliarsi in modo brusco da un incubo che abbiamo accarezzato nei nostri anni adolescienziali. Troppo semplice a volte pretendere che certe opere non vengano scomodate, ritoccate o rifatte in questi tempi avari di originalità, asserviti completamente al ritorno al botteghino sempre più ricattatorio e diabolico. Lasciate stare, parlando del nostro, capolavori come BLADE RUNNER e ALIEN...
L' aspettativa: la grande forza trasformatrice di qualsiasi opinione.
Il primo sequel si è schiantato sulle nostre attese tanto da cancellare quasi completamente nel mio caso la ricchezza visuale, pena una sceneggiatura debole e farraginosa. Ma rivisto pochi giorni fa casualmente mi ha in parte riappacificato con la maestria registica, affiorando la potenza oscura del pessimismo che traspira nell'intera pellicola; cosa che accade anche in questo secondo capitolo, stemperata in parte da una parte action decisamente più brillante. Ma qui una delle fondanti differenze con il materiale originale; l' eroina Ripley incarnata dalla Weaver sconfiggeva la creatura o perlomeno dava una speranza all'umanità in cerca di una nuova casa. In questi prequel/remake l'umanità è completamente in balia dell'universo, della creatura, dalla sua stessa tecnologia incarnata con sapienza dal sintetico interpretato da Fassbinder, già personaggio chiave di PROMETHEUS. Le figure femminili che rimangono fulcro dell'opera vengono protette da intelligenze artificiali ossessionate dalla ricerca di un senso; qui, come letto in altra fonte, il David artificiale rimanda al bimbo di A.I. di Spielberg/Kubrick. In attesa dell'incarnazione automa basica del famoso Bishop della pellicola originale. Personaggi creati dalla superiorità capitalista della Weiland Corporation; ad altri l'approfondimento di un universo che replica gli infimi meccanismi arroganti terrestri.
Un sequel del prequel che migliora di gran lunga il precedente di cui però non può trascendere completamente; lo schema si ripete senza vergogna ma la scrittura si equilibra in parti più fedeli agli originali, prendendo come esempio anche ALIENS di Cameron. Una sorta di remake vero e proprio che rispetta sè stesso aggiornando soprattutto la straordinaria performance del reparto effetti speciali, resi spettacolari dalla mano sapiente di Scott.
Un film di genere robusto e godibile. Per chi si aspetta una rifondazione della saga o del genere risulterà deludente; ma mi domando al secondo prequel che cosa vi aspettate? Io sinceramente poco ed eccomi invece sorpreso.
L'aspettativa... Questa brutta bestia capace a volte di trasformare, offuscare o cambiare opinione velocemente creando pregiudizio o addirittura cecità.
Non credo che Scott avrà ancora la fortuna di regalarci un capolavoro prima di partire sulla sua Nostromo ma sono felice se dopo parecchi film dimenticabili e brutti riesca ancora a fare prodotti di genere di questo tipo, un genere che annaspa tra tentativi non all'altezza o banalità preconfezionate.
I dubbi sintetici di David/Fassbinder meritano approfondimenti anche se in parte sembrano zavorrare la storia; sono squisitamente riflessioni umane che sfociano in azioni devastanti in nome del potere o semplicemente di un amore incondizionato riconducibile alle porte del Valhalla.
Alla fine sarà Byron o Shelley a cambiare il corso della storia?
Liberatevi dai pregiudizi, vedetelo sullo schermo cinematografico, perdonate Ridley Scott per ciò che poteva regalarci in tutti questi anni, preferendo una comoda oziosa decadenza.
Gli sceneggiatori di qualità scarseggiano, i capitali sono investiti solo in progetti di sicuro ritorno (vedi i cinecomics), la voglia di andare in pensione non sfiora molti artisti. Gli autori ci salveranno? Mi viene in mente a riguardo INTERSTELLAR e me ne sto zitto.
Da fan della saga v'invito chiaramente a vederlo e farvene una vostra opinione.
In etere potete recuperare varie critiche illuminanti ed interessanti che aprono riflessioni su parti del mondo ALIEN piuttosto che solo su passaggi particolari.
Non si può sfuggire a qualcosa che nel bene e nel male ha segnato il genere, fecondando menti e corpi. Prometheus...Covenant... Nostromo.
L'ingresso al Valhalla degli Dei...



venerdì 27 gennaio 2017

SPLIT

                                                   

Sesto senso. The village. Unbreakable. Ora Split. In mezzo film dimenticabili nel migliore dei casi o semplicemente brutti. Ma sempre la possibilità e la strafottenza genuina di raccontare storie originali, interessanti, disturbanti. Questo regista capace di strabiliare e manipolare hollywood rimanendo sè stesso ogni volta si chiama M.Night Shymalan. Un autore capace di rimodellare il cinema di genere con una dimistichezza qualitativa fuori dal comune; un affabulatore che sceneggia le sue storie compiendo uno sposalizio spesso riuscito con la tecnica di ripresa cinematografica.
Attraverso un incipit potente siamo in un attimo trasportati dentro la mente del complesso protagonista; un disturbato James McAvoy accetta la sfida onerosa per un attore che deve scindersi in più parti:" Io sono una moltitudine"Pessoa docet. Scopo raggiunto senza lode ma con efficacia e puntigliosità, performance che aiuta la pellicola a rimanere in equilibrio senza eccedere in sbavature pericolose e derivanti. Abituati ormai  ad impressionarci quasi mai, qui seguiamo il filo conduttore senza cali di tono, irretiti dalla formidabile ragnatela tessuta dalle diverse situazioni che si mescolano, contaminando il thriller con venature horror e fantastiche. Marchio di fabbrica del regista che impressiona qui per diligenza e costruzione del pathos. Al protagonista risponde la vittima sacrificale di turno, una carismatica Anya Taylor Joy che aveva già nel'anno passato prestato il suo viso enigmatico a quel piccolo immenso capolavoro horror di "The witch". Probabilmente Split non è e non diverrà una pietra miliare del thriller ma conferma un autore ritrovato e ridona linfa ad un genere negli ultimi anni abusato e raramente trattato in modo stimolante come invece accade qui.
Sicuramente consigliabile la visione non doppiata per le performance attoriali ma in mancanza di possibilità questa è una pellicola da godere nel buio della sala per la capacità del regista di creare l'atmosfera attraverso immagini, suoni e musica avvolgenti. Usciti dal cinema la sensazione di consigliare, parlare o semplicemente di approfondire l'argomento è forte. Obbiettivo raggiunto per il cineasta Shymalan che non demorde e rilancia la sfida cercando una nuova strada ancor più ardua se possibile. Nel buio di una hollywood capace solo esclusivamente di sequel, prequel o re
boot il nostro rimane una falena di luce drogata. Avercene e soprattutto difenderli e premiarli anche quando scivolano, cadono; per goderne la risalita. "The village" per chi scrive è il diamante, "Unbreakable" il gioiello. "Split" è il ciondolo comprato al mercato ma regalatoci da una persona di cuore: un ricordo, un affetto che impreziosisce il manufatto.
50 sfumature di pirite.