martedì 30 settembre 2014

LUCY (Ovvero...prima vedevo ora ero cieco)

Besson Luc. Prima o poi dovevo rendere omaggio, o meglio, indagare su un cineasta con il sogno smisurato di americanizzare sempre il suo gusto europeo. Enfant prodige del cinema d'Oltralpe con gli adrenalinici inizi di "Nikita" e "Leon", suo capolavoro, perde nel tempo smalto e tocco per diventare produttore di successo con pellicole di azione e fantasy. S'ispira a Spielberg senza esserlo, cerca una terza via tra il gusto continentale e quello stelle a strisce con più successi che fiaschi; riesce in quello che crede, non delude i fans più incalliti, allontana quelli credenti in un percorso autoriale che si arena. In mezzo alle parentesi fantastiche de "Il quinto elemento" e "Arthur" trova la propria fortuna in eroine più o meno dure e pure, saltando da sicarie redente alla invasata figura nientemeno di Giovanna D'Arco, alla topolina Matilde del killer Leon, passando dal Nobel Saan Su Kyi, fino alla Johansson di quest'ultima incarnazione. Vede rosa e sfodera il meglio il nostro. Aiutato certo sempre da attrici di livello straordinario; Lucy senza il corpo ed il volto di Scarlet sarebbe molto meno suadente. Aggiungerei la voce...ma torniamo al dibattito acceso con il film di Jonze "Her"; una timbro, una sensualità, una recitazione. Siamo, o meglio forse avevamo, la migliore scuola di doppiaggio del mondo ma ci ritroviamo spesso a fare più danno che altro nel mondo della celluloide. Sulle serie tv poi meglio tacere. Appurato che il nostro Besson può non piacere ma bisogna riconoscergli palle e stile. E quando trova una musa torna a graffiare, anche se in un gioco forse eccessivamente usa e getta. La cinetica di questa sua ultima opera fin dalla durata perfetta della novantina di minuti scorre impavida e senza soste, ma anche con estrema facilità di dimenticanza. Eccelle nel videoclip, ma difetta nella costruzione d'arte dell'immagine stessa. In poche parole il Besson ritrova equilibrio formale ma si dimentica l'aggiunta autoriale. Come risultato meglio il bisfrattato da noi "Adèle e l'enigma del faraone", curato adattamento di una graphic novel di interesse indubbio. Qui l'adrenalina corre senza tregua ma alterna situazioni ben riuscite, buffe in alcuni casi come marchio di fabbrica ( Jeaunet certo gli fa le scarpe su questo territorio...), ad altre poco efficaci, per non dire banali se non risibili senza volontarietà. Una pellicola usa e getta per intenderci. Attrae per tematiche e messa in scena, intontisce per effetti visivi e sonori, mantiene in parte le promesse, ma poco dopo la visione si dimentica facilmente. Chapeau per il cattivo di turno, l'Oldboy coreano capace di caratterizzare il ruolo; scena cult il recupero della missiva con tanto di acrobazie fluide manovrate dal circuito neurale della bella Scarlet. Film furbo per un pubblico da fast food mentale. Furbo come il Besson sempre più produttore-regista, sempre meno autore; e se "The lady" è la sua idea di cinema d'essai meglio rivedersi il coraggio sfrontato di Milla/Jeanne D'Arc. Prendere o lasciare. A me sinceramente non spiace. Ma ha fatto il suo tempo; o meglio, ha scelto di essere burattino e non burattinaio. Peccato.



P.s. Omaggio alla genialità demenziale di Maccio Capatonda il trailer della pasticca al contrario...Besson aggiornati!