giovedì 6 novembre 2014

INTERSTELLAR


 


Anni fa, sempre nella splendida cornice dell' Arcadia di Melzo, visionai quasi per caso "Armageddon". Peccato di gioventù, pruriginoso contrapasso per le nottate in bianco davanti a Fuoriorario. Bei tempi mi verrebbe oggi da dire.

Nel progresso tecnologico compiuto anche nelle sale italiane con l'agognata digitalizzazione fredda e lineare, una voce si erge solitaria come bastiancontrario. Il paladino ha il nome di Christhoper Nolan. E per l'occasione nell'arena famosa di Melzo oltre la proiezione in definizione 4K si presenta la pellicola nel formato straordinario del 70 mm. Aria di romanticismo per pochi eletti che credono ancora fermamente nella storia tecnica del cinema che fu, oltre che in un'esile ma esistente supremazia di colore e contrasto sullo schermo, a fronte di leggeri difetti di grana e piccole imprecisioni di fuoco. Il calore di una matrice chimica contro la perfetta freddezza di un segnale virtuale. Per i pochi appassionati una gara impari, per il grosso del pubblico un' inezia su cui soprassedere, o meglio, trascurare. Torniamo a noi, alla nuova opera top secret del genio del blockbuster moderno Nolan. Squilli di tromba, occhi sgranati, aspettattive moderate per un autore da sempre capace di giocare con la mente e lo sguardo dello spettatore attraverso le mirabolanti architteture sognanti di "Inception", le decadenti atmosfere di Gotham City, piuttosto che le labirintiche danze del montaggio asincrono di "Memento". Anche se per il sottoscritto il suo gioiello rimane l'omaggio spudorato, avvolgente, tagliente al Tesla di "The prestige". Chi non delude, chi osa senza paura, chi alza l'asticella continuamente può rischiare di cadere; e la caduta in casi del genere diventa boato, abisso. Sarebbe riduttivo affrontare "Interstellar" come un polpettone sci-fi pretenzioso, noioso e senza nè capo nè coda. E' molto di più. Oltre ad una storia sfilacciata, fiacca e senza minimo climax promette un viaggio che non si vede l'ora termini. Passino i buchi neri in sceneggiatura, i dialoghi risibili, il melodramma familiare senza tregua; ma quello che non riesco ad accettare è la mancanza del gusto dell'inquadratura. Nolan...pronto? Dove sei finito? Possono bastare alcune scene nello spazio siderale, qualche fotografia in panoramica per colmare la delusione? Certo che no. La montagna ha partorito un topolino. Guidati da una regia così imbolsita anche gli attori latitano, fanno quello che possono, alternati tra banalità da albi Harmony e disertazioni da fisica quantistica improponibili. Molti passaggi a vuoto conditi da silenzi assordanti o da parole peggio che gridate. L'ennesima delusione di un'annata che non decolla, forse di un ultimo quinquennio avaro di soddisfazioni artistiche, soprattutto dal versante statunitense.
Uscito dalla sala provato e zittito non porto con me neppure un'immagine negli occhi, nel cuore. Una pellicola che promette nell' incipit noioso e sconfusionato ciò che nel cammino diventa montagna, anzi onda anomala gigante.
Più volte citato viene voglia di rivedere "2001: Odissea nello spazio" per filosofeggiare sui viaggi spazio-temporali piuttosto che "Gravity" per lasciarsi cullare da immagini suadenti e meravigliose per fluttuare sognando nello spazio profondo. Qui siamo lontani anni luce da entrambi. L' odissea di True Matthew Dectetive si contorce su sè stessa senza un minimo di interesse per sè, nè per la povera Terra abitata da agricoltori tristi e malinconici. Colonna sonora minimal; Ligeti era di un'altra galassia ovviamente. Doppiaggio come quasi sempre inascoltabile, oltre che fastidioso per alcuni personaggi già di per sè mal caratterizzati. Matt Damon qui reduce da "Team America".
Indegna fine della proiezione in pellicola. Rivaluto in chiave trash il sacrificio eroico di Willis accompagnato dalle lacrime della figlia Tyler mentre il padre gorgheggia note di una delle seriali song degli Aerosmith. Grasse risate, ma almeno un'emozione cazzo.
Spazio...ultima frontiera.