giovedì 24 aprile 2014

HOLY MOTORS

Un sogno; un gioco; una riflessione; una boutade. Tutto questo, ancor di più o forse meno, è quest'opera così stramba, carica, imprendibile. L'autore dell'indimenticabile "Les amants du pont neuf" torna dopo svariati anni di esilio da sè stesso e dal mondo stereotipo con un oggetto non identificato degno del miglior universo immaginifico possibile. Un omaggio alla settima arte attraverso la storia di un uomo, attore, feticcio trasformista; prestato al gioco un Denis Levant monumentale, che si iscrive con perentorietà nel mondo surreale dei migliori sogni/incubi cinematografici di sempre. Un pizzico di Lynch meno visionario, uno scorcio di Cronenberg meno ficcante, una spolveratina di Resnais con un'indimenticabile Kylie Minogue come musa, un gusto unico e sfuggente per un viaggio faticoso ma imprescindibile, indimenticabile, verso l'inconscio del nostro piacere filmico. Con il gusto provocatorio di Von Trier spogliato della sua immediata, trasparente polemica, la pellicola viaggia sotto pelle crescendo di fotogramma in fotogramma fino ad un finale che alimenta dubbi, lascia esterefatti, delude senza lasciare l'amaro in bocca, esalta la genialità del cinema come arte dell'impossibile, del possibile mascherato come finzione aberrante ma credibile sullo schermo traforato.

 

Uno schiaffo artistico capace di risvegliare l'amore più profondo per il gusto europeo di un'autorialità troppo spesso soffocata dall'imperialismo becero americano, dalla necessità rindondante di spiegare tutto e subito per una fruizione immediata del senso, quindi snaturata e vile al fine di impoverire il gusto già livellato dello spettatore/consumatore medio. Le maschere di Carax sono le infinite proiezioni dell'Io nascoste nella psiche profonda di ogni spettatore che cerca la Verità nell'opera cinematografica. Da vedere, rivedere, riflettere/si, senza aver paura come nei miglior labirinti di non trovare subito o mai l'uscita; Kubrick docet, ma qui il respiro è omaggio a tutto ciò che esula dal precotto. Come Krishnamurti asseriva..."...libertà dal conosciuto".

martedì 8 aprile 2014

HER

Oggi realizzo un sogno. Quello di fare come parte dei critici in circolazione, ovvero scrivere di una pellicola che non ho visto. Potrei basarmi su recensioni lette, su giudizi e opinioni sentite; potrei copiare ed incollare pezzi presi da vari blog...perchè no? L'abilità di molti è di rendere proprie le idee partorite e masticate da altri, magari anche impreziosendole con una sintassi migliore.
Al di là di questo preambolo inutile vi spiego perchè vorrei vedere tanto "Her" ma non posso perchè farei un torto all'opera in sè e di rimando offenderei me stesso e quello in cui credo. E per farvelo capire affronto uno dei temi più spinosi per la cinematografia italiota, ovvero il doppiaggio. Che siamo tra i milgiori al mondo o forse i migliori non è un mistero; provate a mettere nel lettore dvd o blu-ray un disco e a cambiare di volta in volta le lingue del parlato cercando di rimanere seri... Da decenni le nostra scuola in merito è un eccellenza, anche se ultimamente, come ogni fisiologico ricambio, sforna continuità qualitativa senza picchi di straordinarietà come ai tempi di Amendola e soci. Tutti conoscete le sfumature della voce di Al Pacino e di De Niro grazie a questa leggenda che fu; e chi si può dimenticare la voce stupida e suadente di Homer dei Simpsons, un Accolla passato a miglior vita gettando la sua dietro ad un vizio malsano. Ma la domanda vera è questa: chi conosce la vera voce di Al Pacino e quella di Bob?
Senza soffermarci sulla tecnica del doppiaggio, sul fatto che di solito gli attori sia di cinema sia di teatro riescono ad "interpretare" una voce adeguandola alla scena, scegliendo di vedere un'opera in lingua originale scegliamo di immergerci totalmente nel mondo pensato dagli artisti coinvolti. Ecco perchè molte pellicole si apprezzano ed altre adirittura cambiano nella versione originale piuttosto che doppiate. Senza contare che quasi sempre il doppiaggio tende anche a minimizzare o adirittura a cancellare i suoni e i rumori presenti in molte scene, creando un effetto imbuto che impoverisce la suspance, la tensione o solo il coinvolgimento emotivo. Alle numerose persone che mi dicono che non sanno la lingua e che hanno difficoltà a seguire i sottotitoli rispondo sempre che è questione di abitudine; più se ne vede più diventa automatico associare le due cose. Abbiamo un cervello evoluto, ma a volte ce ne dimentichiamo, chiudendoci in una comoda pigrizia.
Ora torniamo alla nuova fatica di un cineasta interessante ed originale come Spike Jonze, per intenderci quello di "Essere John Malkovic" e del sottovalutato "Il ladro di orchidee" che vi invito a recuperare e ad aprezzare nella sua disarmante audacia. Questa ultima sua opera parla di un rapporto tra una persona ed una voce. Questa voce è quella dell'attrice Scarlet Johansson nella versione originale. La voce di lei ha vinto numerosi premi e per un pò di tempo è stata in discussione per una possibile nomination all'Oscar.
Ora cari amici mi chiedete di vedere un'opera tanto coraggiosa doppiata in una lingua diversa, con una voce diversa, snaturando l'intera operazione? IO NON CI STO!
Per di più l'infelice scelta ricade su Micaela Ramazzotti, attricetta virziana caruccia ma già per mio conto debole nella recitazione, tanto meno poco dotata di una voce ricordabile. Ecco come il disastro è servito. E per chi vuole entrare ancor più in profondità anche la voce di Phoenix, non il suo solito doppiatore, è poco associabile al personaggio. Brutta storia. In questo caso tocchiamo l'apice, ma purtroppo numerose volte non possiamo godere della straordinarietà di performance attoriali di elevata qualità per cocciutaggine, pigrizia, abitudine.
Guardo alla vicina Francia come un eden della settima arte dove i film esteri vengono proiettati in orari differenti lasciando allo spettatore la possibilità di scegliere tra la versione originale sottotitolata e quella doppiata; questa si chiama cultura. Mi riaggancio a questo per invitarvi, chiaramente a chi può interessare il film in oggetto, a recarvi al cinema Verdi di Candelo dove gli amici Arrigo e Michelle, sempre attenti a dare un servizio di prima qualità, presenteranno "Her" in versione originale sottotitolata. Che sia l'inizio della possibilità di evolverci? Un plauso a loro, uno stimolo per noi, uno schiaffo allo spettatore dormiente. Io sarò in prima fila. Forse quarta...meglio. Magari il film mi piacerà molto o magari non mi convincerà, ma la cosa importante è che lo vedrò nel modo pensato e realizzato dal regista. Pensate alla "Grande Bellezza" nel personaggio di Jep Gambardella doppiato da Matt Damon??!!