mercoledì 8 dicembre 2021

MIDNIGHT MASS (Netflix)

 Mike Flanagan. Questo conosciuto.

Doveva capitare ed ecco che per la prima volta in questo umile e scarno blog vado a recensire una serie tv; permettetemi un piccolo, immenso amarcord rimembrando quando quasi 20 anni fa attendevo ogni settimana la messa in onda della nuova puntata di LOST per poi passare in poco tempo alle versioni piratate con sottotitoli. L'inizio di una nuova era che oggi grazie alle nuove piattaforme, Netflix in pr
imis, ci permette di avere una quantità di prodotto quasi inesauribile. Ma la qualità? Si stava meglio quando si stava peggio? Domandona... Vero? Credo sinceramente che la quantità sia dannosa quasi sempre alla qualità ma da un punto di vista finanziario in un mondo caotico quale quello attuale non ci sono alternative a riguardo. Riprendiamo l'esempio di Lost; uno spartiacque divenuto cult che ha potuto generare profitti tra il canale diretto, le vendite di dvd prima e di blu-ray poi. Oggigiorno vale solo il primo passaggio perchè il supporto fisico è pressochè inesistente o in mano ad una nicchia di fruitori che aspettano forse una rivalutazione stile vinile. 

Negli ultimi anni gli algoritmi intelligenti e furbi delle varie piattaforme hanno lavorato per creare prima delle aspettative poi un gusto. Complice il Covid la maggior parte delle produzioni cinematografiche si sono fermate o ridimensionate. La sala ha subito una fase di arresto mentre la fruizione casalinga ha beneficiato di un trend già in crescita grazie ad un offerta sempre più numerosa con un costo maggiormente accattivante. Il sogno di ogni consumatore a km zero; pagare poco avendo molto. In più con la possibilità quasi sempre presente di condividere gli account. Risultato? Tutti a casa a fruire una nuova babilonia su schermi grandi o giganti a discapito della qualità settata in fase di acquisto o dell'offerta sì impressionante ma poco arricchente. Ecco a fiumi riversarsi nuovi film vedi e dimentica piuttosto che serie che possano abbracciare ogni nicchia possibile di pubblico reticente. Fenomeni come Squid Game per intenderci. O serie dove trovare volti riconoscibili, dello star system tradizionale, dove riconoscerci e venire traghettati in un  nuovo territorio più simile ad un limbo. Tremo ora all'annuncio delle prossime serie in cantiere su Alien o su Blade Runner. Ci saranno eccezioni in questo ingranaggio ben oliato che governa i loro danari e le nostre visioni, ma il dado è tratto da un punto di vista, il mio. 

In questi ultimi, lunghi, anni ho goduto di poche serie televisive veramente interessanti o comunque meritevoli di attenzioni. Tralasciando i titoli storici tra cui il sopracitato Lost, Soprano, Breaking Bad mi hanno colpito produzioni passate in secondo piano. Eccomi qui a dirvi di vedere e godere di questo piccolo gioiellino che in 7 puntate 7 riesce ad essere un horror inquietante,
non molto per ciò che fa vedere ma per ciò che fa percepire. Un lavoro certosino sull'ambientazione, sui personaggi incredibilmente scritti, sui dialoghi straordinariamente equilibrati e ficcanti. Mi ha fatto venire in mente una serie che se non avete visto dovete assolutamente recuperare: "LEFTOVERS". 


Nelle loro imperfezioni ci parlano di noi, della nostra continua ricerca di qualcosa oltre il quotidiano, della speranza che possiamo, dobbiamo coltivare contro ogni avvenimento avverso. Una prova di coraggio verso l'ignoto, quello che picchia duro senza compromessi. Come non citare un'altra straordinaria serie sempre di Netflix divorata da poco: "DARK"; produzione tedesca, tre stagioni, splendida.

Che siano viaggi post atomici, viaggi dell'anima, viaggi nel tempo, queste tre produzioni per il piccolo schermo sono le visioni più belle che ho potuto godere ultimamente, in momenti diversi. Sicuramente ce ne saranno altre nascoste tra gli algoritmi, le ricerche, i cataloghi. Bisogna essere esploratori, non cadere nelle trappole del consumo, dedicare tempo o cercare di risparmiarlo per cose che ci accendono una scintilla.

 

THE LEFTOVERS. DARK. MIDNIGHT MASS.                                                

In ordine temporale. Gli algoritmi lasciamoli a chi ha tempo da sprecare.

domenica 28 novembre 2021

SIR GAWAIN E IL CAVALIERE VERDE (Prime Video)

David Lowery, questo sconosciuto.

A24, ok ora si capisce bene l'operazione. Per chi non la conoscesse questa piccola casa di produzione statunintense è l'artefice di molti titoli stranianti ed interessanti degli ultimi anni tra cui gli horror "VVITCH" e "MIDSOMMAR" e il pastiche "DIAMANTI GREZZI" con Adam Sendler.  Un trittico imprescendibile per chi è schiavo degli algoritmi delle piattaforme odierne sempre più misere e fagocitanti.

Difficile non rimanere affascinati da quest'opera così compiuta, rarefatta, curata maniacalmente grazie al supporto degli effetti visivi e sonori, a loro volta creati dalla Weta di Peter Jackson e dalla Skywalker Sound di Lucas. Finalmente effetti creati per la narrazione, non per soffocarla o soppiantarla; oltre alle creature qui regnano le ambientazioni che rispecchiano il viaggio e la ricerca di un cavaliere senza "testa" che scopre nel percorso di avere un coraggio tanto misurato dall'intelletto quanto umano, quindi ondivago.


La storia è benservita trattandosi di un racconto del ciclo arturiano adattato in modo diretto senza sbavature nè lungaggini; più del narrato ci si perde nel visto, percepito. Una lezione di stile che non stanca, che affabula, che mantiene una coerenza espositiva fino all'ultima inquadratura. Più vicino a "Excalibur" di Boorman l'opera di Lowery asciuga il plot dando spazio all'immagine attraverso un ritmo cupo, medioevale per stereotipo, per arrivare ad essere luminoso solo negli squarci naturali esterni, in opposizione agli opprimenti interni abitati da spiriti viventi o morenti.

Una pellicola interessante che colma un vuoto per gli spettatori odierni stufi di effetti senz'anima quanto di manipolazioni fantasy con derivazioni predigerite e imbolsite da durate improponibili nelle serie televisive dedicate. Qui si gioca senza sconti con passaggi criptici e visioni tormentate. Non probabilmente per tutti, ma sicuramente una rielaborazione moderna di un classico. Un gioco che ha in palio una testa ma il viaggio può cambiare sia il gioco che la testa. 

Sword of the Valiant: The Legend of Sir Gawain and the Green Knight

P.S. Guardate un pò da Sir a Sir chi nel 1984 impersonò il cavaliere qui tanto meno verde... Produzione Cannon Films!


lunedì 20 settembre 2021

TENET

"Nolan è bravo". Nolan è tra i migliori cineasti in attività, se non il migliore. Nolan è abile a manipolare il Tempo. Nolan crea attesa. Nolan ama il cinema. E noi cinefili amiamo Nolan. Nolan difende il cinema. "Bravo è Nolan". 

Fare le pulci. Che siano, metaforicamente parlando, le opere di questo straordinario cineasta britannico elefanti, orsi o leoni a noi cinespettatori agguerriti non rimane che spulciare il pelo. Il resto è pelliccia che scalda e al tatto dona una sensazione benefica. Purtroppo sempre più una sorta di coperta di Linus in questi tempi bui ed avari di opere memorabili. Lode quindi a Nolan per cercare di mantenere una sua visione cambiando le carte in tavola. Chapeau.

Se per il sottoscritto, senza citare i film precedenti, INTERSTELLAR era un elefante e DUNKIRK un leone, in questa nuova impresa filmica ci vedo una figura mitologica inventata che coniughi la velocità e maestosità del felino durante la caccia con la letargia invernale dell'orso. Il risultato è un'opera che seppur nella sua armonia artificiosa spicca nella sua azione piuttosto che nella sua logorrea. Un elegante messa in scena senza tempi morti sposata ad un dialogo costante borioso e stancante. In sintesi un falsopiano tra regia e sceneggiatura. Ma trattandosi di un regista del suo calibro tutto rimane in un equilibrio instabile che si divincola internamente ed eternamente partorendo, al solito direi, un meccanismo vicino alla perfetta chiusa del suo personale, ideale viaggio. Per quanto mi disturbi in Nolan ci si perde sempre in un bicchiere d'acqua. Naturalmente in una Perrier.

 

 

Un ottimo film d'azione, una problematica opera concettuale. Attori sacrificabili per un meccanismo artificioso che rimanda ad un continuo congegno matematico. La fisica logicamente non è un opinione. Quindi grandi pipponi interstellari ma pur sempre pipponi. Lunga vita a Nolan nella speranza continui il suo percorso intriso di continua ricerca stilistica e di sostanza materica. A me sinceramente importa che questo cinema esista a prescindere dai gusti del momento o dall'analisi corale della filmografia precedente. 

Per chi vuole approfondire le tematiche in parte sfiorate da questa narrazione rimando a questo link in gran parte esaustivo: 

                                         
https://www.wired.it/play/cinema/2020/08/28/tenet-spiega

Come mi ha ben detto un mio caro amico appassionato una pellicola accolta all'uscita con numerose spiegazioni cervellotiche affini ma che con la visione successiva si è rivelata nella sua verbosità semplice e lineare una volta scoperto l'inghippo. Inutile sottolineare ancora la maestranza di Nolan nel mostrarlo visivamente; rende "lineare", ovvio, ciò che non lo è. Certo che per chi come me ha da poco visto DARK su Netflix qui mi pare un racconto di Rodari a confronto.

Nolan è bravo. Bravo è Nolan. W Nolan! Fare le pulci a Nolan... Invertiamo la recensione? 

 https://www.youtube.com/watch?v=7Gp_e3E150E&t=15s






mercoledì 16 giugno 2021

INSIDE di Bo Burnham (Netflix)

 Vago stanco e demotivato per il deserto del Gobi in cerca di acqua fresca e di un oasi di piacere estemporaneo. Ed ecco che mi si presenta inaspettatamente un chiosco che sa di miraggio, che mi offre insperate granite succulente o la famosa birra ghiacciata che ogni maratoneta ambisce a fine corsa.

Ecco la mia reazione dopo mesi di algoritmo di Netflix alla visione di questa straordinaria opera figlia di un geniale comedian. Innanzitutto non conoscevo l'artista e non sapevo nulla di ciò che stavo andando a vedere cliccando sul tasto del telecomando. Che sensazione inappagabile in questi tempi dove tutto è gridato, commentato, sottolineato, fagocitato; ma è anche possibile che semplicemente fossi distratto e che il perfido algoritmo non mi abbia impiattato il menù come solitamente intavola. Anche se quando ho aperto la scheda mi diceva che al 99% era in linea con i miei gusti passati di numerose visioni sulla piattaforma. Orwell. 1984.

 Non scriverò nulla su questo incredibile viaggio di 90 minuti dentro una stanza, dentro una mente, dentro una psiche, dentro un disagio, dentro il lockdown, dentro sè stessi. Bisogna avere il tempo, la voglia e la pazienza, a tratti, di completare il viaggio. Perchè merita eccome. Perchè in un mondo visivo fortemente globalizzato, quindi governato dalla fredda tecnologia
e dall'appiattimento dei gusti, questa cosa esplode come dinamite pura. E sappiate che non è una questione se Burnham sia un genio o meno, ma è il fatto che ogni tanto un buon corto circuito è appagante se non addirittura necessario.

Senza continuità di logica a tratti mi ha ricordato per diversi motivi, immagino prettamente personali, tre esperienze visive del passato. ARIRANG del compianto Kim Ki-Duk, IO SONO QUI! con Joaquin Phoenix e tutto o quasi Gondry, il suo cinema, la sua poesia surreale.

Bo Burnham! Chi sei? Io chi sono? La luce si unisce allo spazio in una cosa sola indivisibili...




martedì 25 maggio 2021

THE DISCIPLE

"Che cosa resterà di me? Del transito terrestre? Di tutte le impressioni che ho avuto in questa vita?"    

MESOPOTAMIA

 
Chissà se a Franco Battiato questa opera cinematografica sarebbe piaciuta?

Il cantautore siculo lascia un Vuoto che dopo giorni stento a metabolizzare.

Voltandomi indietro scopro di averlo sempre avuto al mio fianco fin quando da bimbo festoso per i mondiali di Zoff, Tardelli e Cabrini il cuccurucucù paloma inneggiava nel caldo soffocante della bolgia madrilena.

Poi il misticismo e la preghiera che mi spronarono a scoprire Daumal, Guènon, Gurdjieff e i sufisti.

La compagnia di Sgalambro che mi spalancò la porta dello spavento supremo, ancor oggi incantato da una ricerca musicale e meta testuale unica nel suo genere.

Le cover in tarda età riarrangiate con rispetto ma muscolarità tanto da renderle vive e pulsanti; fleurs capaci d'illuminare parte delle mie mancanze.

Chiude il cerchio il ritorno al Fetus, opera primordiale d'impatto spiazzante riascoltata oggi nel marasma contemporaneo.

Un ricercatore instancabile, superbo che con maniacale conoscenza musicale ha forgiato il mio gusto sperimentale e dettato quello letterario, spirituale.

Battiato avrebbe apprezzato o meno questo film o lo avrebbe degnato solamente di una delle sue famose battute fuori tempo apparente?

Poco importa o niente è come sembra?

L'opera di Tamhane è straordinaria per molti motivi; a partire da ciò che racconta, dalla musica che suona, dalla dedizione che ottempera, da quello che rinchiude in un finale inaspettato.

Ancora una volta il cinema asiatico con equilibrio e coraggio detta la linea.

A noi spettatori l'arduo compito di difenderlo, diffonderlo per resistere alle sirene mai come ora mediocri dei prodotti occidentali schiavi degli algoritmi.

Lode all'inviolato.

Sitar in sottofondo... Voce che gorgheggia... Un oceano di silenzio.