lunedì 31 dicembre 2012

VITA DI PI

Una carezza in mezzo a schiaffi e pugni. Questa è la piccola ma spiazzante magia che ci regala Ang Lee in queste feste rindondanti e vuote cinematograficamente parlando. In mezzo a commedie puerili e a fantasy malriusciti Pi e la sua storia riconciliano con la settima arte rendendo possibile l'incontro tra l'intrattenimento più giocoso e la riflessione semplice sulla forza del sopravvivere. Per chi può da vedere in 3D per apprezzare in pieno l'estetica potente e insieme dolce del sapiente cineasta taiwanese, come l'ha concepita originariamente usando tecniche affinate dal maestro Cameron in "Avatar". Una storia mascherata, fantastica che narra una tragedia inenarrabile senza patetismi, anzi con lucida sobrietà e sensibilità lontani dagli standard mielosi di Hollywood. In un momento storico di crisi dove regna o la piattenza banale delle commedie political correct o penosamente volgari oppure i blockbuster seriali con effetti mirabolanti ma senza cuore, un inno alla vita che con anima cristallina ci ricorda la potenza mistica della semplicità più disarmante. Per iniziare l'anno con una carezza che porti speranza e gioia nei nostri cuori, ricordandoci sempre, anche nella tempesta più crudele, che gli affetti più cari continuano a vivere nei nostri cuori e così nel ricordo di quest'avventura incredibile che chiamiamo vita. Buon anno a tutti cari amici!! e soprattutto cercate buoni film da vedere...non subiteli ma impegnatevi a stanarli!! Om mani padme hum!!

lunedì 17 dicembre 2012

"Tutto tutto niente niente" (Giulio Manfredonia)

Ovvero come ci aspettano delle festività niente niente...
Albanese è un comico che può piacere o meno come tutti ma sicuramente eclettico ed intelligente; ora mi chiedo se dopo aver recitato nel film tre personaggi differenti lo abbia rivisto dopo il montaggio finale. Il problema fondamentale in questo triste inizio secolo è che non ci si può più fidare neppure di quelli che pensiamo abbiano raggiunto un certo tipo di intrattenimento. Dopo il felice "Qualunquemente" che con equilibrio giocava con satira e demenzialità grottesca qui ci troviamo di fronte al nulla più desolante; eppure le intenzioni cercano di volare alto con una forte e dissennata critica al momento politico attuale. Il film si schianta completamente in ogni sua pretesa qualunque partorendo un orrendo teatrino fastidioso; e tanto per affossare il tutto tutto non si ride per niente niente. Non mi capacito di una beffa del genere e continuo disperato ad assistere a una forma di commedia imperante italiana vuota, banale e stupida che imbarbarisce e rincoglionisce lo spettatore già di suo provato dal passivismo cronico maturato in proprio. Sconfitto da tanta inciviltà inizio a ripensare con malinconia ai cinepanettoni di De Sica e Boldi che erano sì terribili ma giocavano con lo specchio dei tempi mentre tra le nuove commedie dei vari re mida Brizzi, Miniero e Moccia oltre a non ridere per nulla nulla si raccontano sullo schermo degli episodi completamente scollegati dalla realtà.
Moccia...o detto Moccia cazzo!! Non parliamo poi dello stile fiction rai1 che scevro da volgarità è ripulito da qualsiasi forma di struttura complessa per fare arrivare il messaggio a qualsiasi deficiente che ha pagato il biglietto compiaciuto. Eppure i loro milioncini li portano sempre a casa e senza vergogna chiedono ed ottengono anche i pochi finanziamenti statali tanto tanto per non farsi mancare nulla nulla. Qualcuno con sfrontatezza epica chiede anche il riconoscimento di "opera di interesse culturale"...Queste cose a me non fanno ridere...Mi fanno incazzare di brutto brutto!! Epperò se poi ci penso bene senza gli incassi di questi filmetti la nostra industria già in crisi sarebbe in ginocchio.
Che venga in fretta venerdì e s'inghiotta in un sol boccone tutte queste angherie nostrane; una bella nube da Mordor che oltre a planare sulla Weta per evitarci i due capitoli successivi del "Lo hobbit" distrugga totalmente la piattezza culturale nostrana magari con un bel temporalino a casa D'Urso e De Filippi. Ma ci sarebbero troppi orfani e sinceramente non me la sento di convivere dopo con la beatificazione che ne nascerebbe.
Feste particolarmente buie cinematograficamente parlando quest'anno; ci rifaremo a fine settimana con i soliti due idioti...vero? Vero? VERO VERO???!!

venerdì 14 dicembre 2012

Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato (Peter Jackson)

Ovvero come un progetto splendido sulla carta si trova ad arrancare a conti fatti.
Doveva essere il genio creativo di Guillermo Del Toro ad essere al timone del dittico basato sulla favola per bambini scritta da Tolkien nonchè il prologo ideale della trilogia successiva; ma problemi all'apparenza insormontabili hanno allontanato il regista verso altri lidi. Come biasimare Jackson di fronte agli anni di lavoro spesi, ai soldi già versati se ha voluto prendere in mano il carozzone per portarlo alla luce? Eppure pensando a quello che poteva essere viene il magone per chi mastica il genere, per chi sognava un'accoppiata mitica dopo quella con Spielberg per Tin Tin con lo stesso condottiero neozelandese.
Ma svegliati dal sogno bastavano i trailer di presentazione del film per capire di che morte morire...e la notizia del terzo film su un libro di 350 pagine a pensare al peggio. Megalomania?? oppure amore immenso per un mondo che con "Il signore degli anelli" ha consacrato un miracolo di adattamento cinematografico? Questa prima parte mantiene le promesse...ovvero minutaggio esagerato, dinamiche simili se non identiche all'originale e fiato corto per gran parte della pellicola. Sarebbe però ingeneroso non riconoscere a Jackson una generosità di dettagli e dinamiche visive che luciccano e meravigliano anche se quasi sempre fine a sè stesse; non siamo ai livelli del ritorno di Lucas con la nuova trilogia di Guerre Stellari ma con dovuto rispetto qualcosa non funziona nello stesso modo. Quello che poteva portare Del Toro era un approccio visivo diverso, una inquietudine da fiaba nera che qui manca. Tutti i fan sanno che "Lo hobbit" non è "Il signor degli anelli" eppure lo stile da maratoneta della trilogia di successo vuole a tutti i costi adattarsi alla corsa una gara campestre. Qui l'errore è in fase di sceneggiatura che la tecnica e visionarietà di Jackson non possono, non riescono a supplire. Da sottolineare che il 3D è stupefacente per nitidezza e finalmente per luminosità d'immagine; un tassello importante che supera i livelli di "Avatar" avendo a che fare simultaneamente sempre con personaggi completamente creati al computer ed attori in carne e ossa. Ma rimane il fatto che tornare sul luogo del crimine raramente paga. Desolatamente rivedo nel cattivo di turno (uno dei due...l'altro è spassoso e chiaramente marcato dalla fantasia sfrenata di Jackson) una somiglianza ai palestrati guardiani che hanno creato gli umani secondo il deludente prequel di "Alien".
Al di là della fedeltà al romanzo, alla tecnica strabiliante, allo spirito genuino e generoso del regista cosa rimane? Rimane la sensazione dell'attore che impersona Bilbo ovvero un continuo spaesamento senza emozione...la compagnia dei nani non è quella dell'anello anzi; è una favola per bimbi ma in molti passaggi l'epica è quella classica della trilogia con troppi movimenti di macchina per creare pathos, musica invadente e pomposo ammiccamento allo spettatore.
Si riduce ad un viaggio aspettato che non ha equilibrio, poca anima e rende in più situazioni antipatici i nani pasticcioni. Già Gimli non faceva una bella figura nella trilogia ma qui si esagera. Come in "King Kong" la mano sfugge al suo creatore soffocando l'impianto narrativo, espandendolo senza criterio; da dimenticare la parentesi dagli Elfi con una Galadriel imbarazzatamente fuori parte. Poi Jackson si ricorda chi è e ci regala scene potenti e spettacolari, anche se forse poco originali. Vado a dormire sapendo che al risveglio non abiterò più quella Terra di Mezzo che anni fa diventò la mia seconda casa per molto tempo.
Che barba...che noia!!


martedì 11 dicembre 2012

"Young adult" (Jason Reitman) 2012

Ovvero come dopo due ciambelle venute bene alla terza manca il buco.
Raramente i sodalizi artistici producono serialità di qualità; il virtuoso regista figlio del Reitman di "Ghostbuster" scivola al quarto film tradito dalla stessa sceneggiatrice Diablo Cody che lo aveva valorizzato nel riuscito "Juno".
Ex spogliarellista che improvvisamente scopre il suo talento artistico mettendolo al servizio del cinema e della tv...mi puzza un pò come il nostro Faletti, comico di poca sostanza che ora scrive mediocri thriller premiati da lettori sempre meno preparati. Torniamo alla pellicola; film minimale, che cerca attraverso una sterile trama di attaccare i meccanismi infantili che accompagnano l'età adulta.
Riconoscendo la bravura della Theron, qui sprecata, il problema è nella sceneggiatura debole con dialoghi che restano rasoterra; con una punta di malattia viene narrata la realtà senza renderla interessante. Pare di vedere conoscenti o amici con le loro ossessioni, manie, tic che sembrano ad un certo punto superare l'ostacolo ma in realtà lo scansano andando a cercarsene un altro. Dopo "Thank you for smoking" e "Tra le nuvole" il regista inciampa in un banale ritratto che non ha la forza di diventare profondo per mancanza di anima. Quindi salutiamo affettuosamente Diablo sperando di non incrociarla più e aspettiamo la prossima prova di Reitman sicuri che si rimetterà in carreggiata.

venerdì 7 dicembre 2012

WARRIOR ( Gavin O'Connor ) 2011

Ovvero di cosa parliamo quando vediamo un ennesimo film di botte da orbi con tanto di torneo all'ultimo sangue annesso.
Sorpresona!! Questa pellicola è una piacevole scoperta che dimostra come l'industria statunitense si ricordi a sprazzi come fare di una storia risaputa e prevedibile una splendida cavalcata nei valori e sentimenti più condivisi della vita. Amore, fratellanza, spirito di sacrificio si accavallano nell'incontro/scontro tra due fratelli divisi da un padre alcolizzato e riuniti da un'arte marziale spettacolare. Ricalcando in parte la potenza espressiva del primo Rocky la saggezza della sceneggiatura si manifesta nell'asciutezza dei dialoghi e nella caratterizzazione da manuale dei protagonisti; un Nolte misurato nel suo personaggio perdente in cerca di riscatto familiare sdogana un Edgerton perfettamente in parte come figlio responsabile, capace di costruire una sua famiglia amorevole, cercando un improbabile vittoria per riscattare sacrifici caduti nella desolazione di una vita raramente giusta.
Ma sopra ogni altro giganteggia come ormai ci ha abituato quel Tom Hardy capace in una sola, rapida scena di combattimento di catturare l'attenzione grazie ad un fisico incredibile e a uno sguardo perennemente perso nel vuoto di chi ha visto l'inferno della guerra prima familiare, poi reale sul campo.
Un escalation di adrenalina che fa perdonare qualche sbavatura, svettando nell'intenso finale che colpisce al cuore e agli occhi lucidi dello spettatore sprovveduto...questo grazie all'intuizione brillante del regista di far parlare solo gli sguardi dei combattenti con una splendida colonna sonora di supporto.
Un'opera che speravo vedibile si è trasformata in una fredda serata autunnale in un piccolo gioiello luccicante.
Botte sì da orbi ma quante emozioni in quei calci e pugni volanti!
Ritrovarsi a singhiozzare davanti a due che si menano di santa ragione può bastare a incuriosire anche i più scettici??

giovedì 6 dicembre 2012

"Di nuovo in gioco"

Ovvero come il mulino bianco addolcisce il rude Clint.
Mi aspettavo poco da questo filmetto ma onestamente mi ha sorpreso!
Qui partono spoiler a manetta...attenzione!!per chi vorrà vedere il film meglio non continuare...patti chiari, amicizia lunga!
Il granitico Clint parte in quarta dialogando ridicolamente con il suo arnese mentre lo fa evacuare; scena per farci capire che è anziano ma autoironico.
Di mestiere fa lo scout per il baseball, ovvero lo scopritore di talenti per un importante squadra professionistica; parte la prima sfiga quando si rende conto di perdere la vista, di conseguenza problematiche decise per il suo lavoro.
Interviene quindi la figlia in carriera, che nonostante l'abbandono del padre dopo la tragica scomparsa materna, molla tutto per aiutarlo a non soccombere alle nuove leve che scalpitano nel settore.
Rileggendomi inizio ad essere già stufo...vedendolo sullo schermo penso al povero Clint che accetta un ruolo così così per alleggerire un pò il peso degli ultimi impegni presi. Penso che è il classico filmetto da pomeriggio della domenica sul divano mentre fuori il freddo colpisce duro.
Poi però il quadro peggiora e retrocede a film da vedere con la morosa in una serata "leggera" dove l'intento è quello di passaggio verso altre e più divertenti intenzioni. Questo più o meno coincide con l'arrivo di Timberlake, collega scout del vecchio dal cuore d'oro e possibile principe azzurro della figlia.
Tralasciamo la liason tra i due giovani per arrivare al climax della narrazione ovvero quando il conflitto tra padre e figlia diventa risolutore e chiarificatore al contempo; ecco qui credo che gli sceneggiatori che finora si erano limitati alle fette biscottate siano passati di gran classe alle macine inzuppate nel cappuccino. Colpo di scene rasserenante che suona come quei famosi 100 gr. in più che regalano le mega confezioni del noto marchio italiota.
Segue finale pirotecnico dove tutti fanno pace su un campo di baseball ovviamente, dove i valori della famiglia, dello sport e dell'amicizia svettano incontrastati verso la stratosfera dei sentimenti più apprezzati dal mulino che ospita in questi ultimi tempi il pedante Banderas.
In conclusione era da tempo che non vedevo svolto in modo così palese un plot banale e stereotipato come questo; spiace che Clint e Goodman facciano parte della combriccola.
Una volta esistevano i film medi che non avevano grandi pretese ma regalavano intrattenimento di qualità, mentre ora tra capolavori misconosciuti e blockbuster trita-incassi è quasi completamente sparito il prodotto di tale fascia lasciando un vuoto a mio avviso incolmabile.
Qualcuno afferma che mancano gli sceneggiatori di un certo livello, io penso che invece la tv abbia livellato la qualità rendendola mediocre e meccanica per raggiungere ogni tipo di spettatore passivo; non a caso i film migliori come la buona tv è di marchio indipendente o a pagamento. Vedasi produzioni Hbo.
Il texano dagli occhi di ghiaccio si ferma un attimo al banco dei pan di stelle; speriamo gli rimangano sullo stomaco e torni a fare le buone ciambelle che sa sfornare.

mercoledì 5 dicembre 2012

Cinico tv 1

Stanotte dopo il solito pasto frugale ho scorso le varie registrazioni in mio possesso per abbandonarmi alla visione dello splendido omaggio che Ghezzi sta facendo ad un genio assoluto del cinema quale Werner Herzog.
Come spesso accade però lo spiazzante critico di Fuoriorario rispetta poco gli orari di programmazione o cambia all'ultimo la scaletta regalando ai maniaci smanettatori come il sottoscritto micidiali delusioni o inaspettate sorprese.
Difatti dopo l'ennesimo documentario interessante dell'autore tedesco mi ritrovo a guardare con mia grande gioia un montaggio recente della gloriosa creatura nata dalla cratività aliena di Ciprì e Maresco.
E come spesso mi accadeva in passato, alle 3 di notte vengo assalito da convulsioni ridarelle degno del miglior attacco epilettico di natura demenziale.
Mi è venuto alla mente, dopo la parentesi godereccia, delle due notti insonni passate lo scorso anno a cullarmi di fronte a tanta ironica strafottenza con il piacere inaudito di aver registrato il tutto per poi scoprire che il segnale al momento dello spegnimento della tv salutava l'etere per donarmi l'agghiacciante buio di uno schermo infinitamente nero.
È un peccato che il duo di registi si sia diviso ma è pur vero che un prodotto del genere replicato per innumerevoli volte avrebbe perso la freschezza e originilatà che possiede.
Con ciò i lavori cinematografici dei due sono apprezzabili e recuperabili nonostante all'epoca i problemi tipicamente italiani di censura, arrivando adirittura per "Lo zio di Brooklyn" all'editto bulgaro in stile "Ultimo tango a Parigi" con tanto di ritiro delle copie in sala in quel momento e conseguente processo per oltraggio alla religione cattolica.
Se non affini al loro particolare tipo di demenzialità consiglio comunque ai curiosi intenditori della settima arte lo splendido "Il ritorno di Cagliostro" e il documentario sullo straordinario sodalizio tra Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Ciprì continua meritevolmente ad essere uno dei migliori se non il migliore fotografo di scena italiano e al suo attivo ha recentemente firmato un film con Toni Servillo dal titolo "È stato il figlio" che non ho avuto il piacere ancora di vedere.
Maresco, forse meno impegnato dopo la rottura, ha firmato nel 2010 un capolavoro assoluto come "Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz" che merita a breve un approfondimento solo suo.
Due palermitani d.o.c. che ci mancano in questa conforme desolazione orwelliana.

martedì 4 dicembre 2012

Marina Abramovic - The artist is present

Quando un gesto, un movimento, una performance visiva diventa arte?
Marina Abramovic provoca continue domande da 40 anni su questa semplice ma insidiosa domanda.
In questo documentario senza nessuna pretesa cinematografica la potenza visiva e carismatica dell'artista risalta con forza dirompente.
Dopo una prima parte introduttiva sulla carriera condivisa con il compagno Ulay, la sofferente divisione e le performance solitarie si arriva alla prospettiva che nel 2010 il Moma di New York le omaggia; in questo ambito nasce l'idea di supera se stessa regalandosi agli spettatori incuriositi.
Dopo un training impegnativo, l'Abramovic all'età di 64 anni, per tre mesi di fila sei giorni su sette, si siede in uno spazio spoglio del museo accogliendo chiunque nella sedia davanti alla sua.
Le regole dicono nessun tipo di contatto tranne quello visivo.
Ne nasce un esperimento incredibilmente interessante che coinvolge il pubblico e sfianca la protagonista; si calcola che siano passati ben 750000 visi differenti davanti agli occhi carismatici dell'artista.
Uno specchio umano che replica sorrisi, gioia o lacrime a seconda dell'empatia che si crea nell'attimo infinitamente lungo di uno sguardo.
Un'esperienza intensa, unica, impressionante; impossibile rimanere indifferenti negli incontri speciali rappresentati da anonime facce apparentemente normali che prendono vita grazie al confronto con un'espressività debordante.
Marina Abramovic come si suol dire buca lo schermo e facendolo con dannato impegno e perseveranza diabolica conquista anche uno scettico come il sottoscritto.
Da vedere per osservare e riflettere il "qui e ora" d'impronta zen che permea l'idea alla base, lontano dal chiasso che snatura la ricchezza della comunicazione attuale.
Ma la domanda iniziale resta sospesa...è arte?