martedì 17 novembre 2015

Roger Waters The Wall


Nelle cuffie gira "The wall" con tutta la sua forza immaginifica e psicotica. Non posso dire di essere un fan sfegatato dei Pink Floyd ma non si può essere indifferenti ad una delle band più significative del secolo scorso. Mi accingo quindi a vedere questo concerto documentario aspettandomi un grande show e poco più. Ma ecco che piacente o meno vengo colpito dalla presenza magnetica di Waters, dalle inquadrature glamour ma significative del suo viaggio verso Anzio alla ricerca del padre perduto, dalla potenza scenografica del concerto a Parigi. Un oggetto non identificato che ripropone il fascino di un album che invecchia con stile in una geometrica performance di rara ispirazione. Non solo per i fan del gruppo, ma per gli amanti della musica in generale o forse per chi cerca un altro modo di ascolto, uno spettacolo per gli occhi. Waters incide con il carisma, si avvale di professionisti di livello, abbaglia con effetti da capogiro utilizzando in perfetta simbiosi concretezza materiale e digitalizzazione delle emozioni. Il gioco esalta la visione cinematografica tra barocchismi visivi e pienezza audiofila di sconvolgente nitidezza; una battaglia tra metafore semplici ma vivide che esaltano un lp che ha cambiato la storia della musica contemporanea. Nei volti dei partecipanti al concerto lacrime, sorrisi, urli diventano smorfie di semplici individui davanti al Potere direttivo; eppure in quei visi si rispecchia l'umana emozione salvifica di fronte all'orrore, all'omologazione, al conformismo che abbraccia oggi la globalizzazione più sfrenata. Waters non vuole essere un novello Terzani anche se a tratti gioca con il fuoco, ma riesce a dare un senso al documentario sposandolo con la sua perdita prematura, ricordandoci che di fronte al muro  che ci sovrasta la memoria storica può salvarci o per lo meno aiutarci.
In un momento emotivo come questo conseguente alla carneficina di Parigi, Waters attraverso ad un muro personale che si sfalda abbatte un concetto, un ostacolo a misura d'uomo che richiama la possibilità di una speranza, al di là di credi o appartenenze. Il tutto non dimenticando l'affabulazione di uno show in stile americano, con regole ferree, studiate che forse lascia qualcosa all'emozione vera della musica nuda ma che si abbandona ad un esempio unico di ricchezza visiva. Per la testualità ed i rimandi poetici ci rimane l'ascolto in cuffia. Ma per un'esperienza fuori dall'ordinario il cinema regala a quest'opera una dimensione elegiaca di intensità monumentale; come l'assolo di chitarra elettrica che abbatte il muro interiore del protagonista Pink. Un momento emozionante che squarcia l'anima, più delle lacrime di Waters vere, ma un pò troppo calcolate in un loop che si chiude come si apre in tono circolare.


Child: "Look, Mummy. There's an aeroplane up in the sky."
Did you see the frightened ones
Did you hear the falling bombs
Did you ever wonder
Why we had to run for shelter
When the promise of a brave new world
Unfurled beneath a clean blue sky

Did you see the frightened ones
Did you bear the falling bombs
The flames are all long gone
But the pain lingers on
Goodbye blue sky
Goodbye blue sky
Goodbye