Bigger than life.
Cosa rende un film un capolavoro? Chi lo decide? Il pubblico? Il botteghino? La critica?
Un
fischietto. Dopo avere salutato il suo amato Jack, Rose lo utilizza con
le ultime forze rimastele per mantenere la promessa appena fatta e per
istinto di sopravvivenza. Il suo fischio è un gesto catartico che dona
speranza allo spettatore dopo le drammatiche scene dell'inabissamento.
Con
una elissi azzardata mi hanno fatto pensare alle strazianti immagini di
quel povero ragazzo morto venerdì scorso sul campo di
pallone...schiantato a terra da un dolore più grande di lui cerca per
due volte invano di rialzarsi; una lotta contro l'inevitabile, una forza
animalesca che lo rende per pochi secondi un eroe ai miei occhi che un
attimo dopo si riempono inesorabilmente di lacrime vere, spontanee. Rose
colpisce di nuovo quando ci sbatte in faccia la realtà ovvero nel
momento che guarda la camera e ripete che solo una delle venti scialuppe
di salvataggio del gigante inaffondabile ritorna indietro alla ricerca
di sopravvissuti...una sola.Viaggio in prima classe di una ribelle
che si innamora di un bellone gracile della terza, questo kolossal
indimenticabile aggiorna i classici hollywoodiani chiudendo nello stesso
tempo il secolo scorso e il genere con un canto del cigno
formidabile, insperato.
Come il migliore Lean, Cameron scrive di una
tragedia fisica,metaforica e spettacolare attraverso gli occhi di una
donna risoluta, dolce, combattiva.
Una pellicola che omaggia il cinema
in ogni inquadratura singola e con un montaggio quasi perfetto; tutto
torna,tutto crea un senso, tutto resta nella Storia. Tutto con semplicità di scrittura e complessità di sguardo.
Cameron diventa il Re del Mondo costruendo a tavolino un immenso affresco del titanico sogno di essere immortali. In
questo il 3D sembra accompagnare lo spettatore senza un vera funzione; in
realtà lo nasconde, lo rende avvolgente sorprendentemente nella prima
parte rispetto alla spettacolare seconda, dove piano piano sparisce per
lasciare spazio alle immagini piatte sempre più drammatiche. Il
creatore di "Avatar" si controlla e ci regala più che la terza
dimensione la possibilità di contemplare nuovamente sullo schermo
cinematografico la sua creatura più ispirata, più controllata, più
riuscita.
Un film che dopo 15 anni grida forte la sua forza rendendo pallidi gli emuli di questo inizio secolo.
"Tre anni a cercare di capire il Titanic...senza mai sentirlo con il cuore"...come dice il ricercatore nel finale.
Cameron
riesce nell'impresa universale di dare a un impianto meccanico un cuore
umano, naturale; il miracolo risiede nel rendere di carne e ossa i
protagonisti fasulli di una storia vera, in mezzo a personaggi realmente
esistiti con i loro anedotti passati alle cronache. Un cuore che non
ha trovato fortuna negli ultimi lavori di Scorsese e
Spielberg,meccanismi inceppati nella pesantezza degli ingranaggi
citazionisti. Un capolavoro come "Titanic" rende giustizia alla
settima arte riuscendo a mettere d'accordo corpo e anima, spettatore e
critica, rendendo semplice alla visione uno sforzo produttivo immane, un
sogno personale folle.
Occhialini o meno sarebbe un delitto perdersi
l'opportunità di riconciliarsi con il buon cinema ,soprattutto ora che
siamo in un periodo di forte carestia.
"La prima classe costa mille lire,la seconda cento,la terza dolore e spavento...".
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